venerdì 6 aprile 2012

UN ORRIBILE PESCE D'APRILE

ovvero BUONTEMPONI E ASINI COSTITUZIONALI


di Stefano Molinari

Domenica scorsa, di primo pomeriggio, dopo un delizioso pranzo familiare, sono andato a riposare. Prima di sonnecchiare ho letto un po': precisamente qualche pagina della Costituzione della Repubblica Italiana (in un'edizione commentata), che sto rileggendo (prima che diventi un cimelio...). Ho letto pochi articoli, dal 48 al 54, cioè il Titolo IV della Parte I, riguardante i "Rapporti politici". Poi ho preso il telefonino per dare un'occhiata a eventuali messaggi. Ho controllato la posta, e ho fatto una capatina su Facebook. Ho scorso blandamente le notizie, fino a una che mi ha letteralmente folgorato.

Era una notizia di Cronache Laiche, quotidiano on line di cui sono fan, e - guarda caso - aveva a che fare con la Costituzione, ed era accompagnata dall'immagine della cupola di San Pietro (non infrequente negli articoli di una testata simile)... Il titolo era davvero scioccante "Sentenza shock: la Consulta dichiara incostituzionali i Patti Lateranensi". ( http://www.cronachelaiche.it/2012/04/sentenza-shock-la-consulta-dichiara-incostituzionali-i-patti-lateranensi/ ).



Come è noto, i Patti Lateranensi, stipulati ufficialmente l'11 febbraio 1929, sono gli atti relativi al Concordato tra la Chiesa cattolica e il Regno d'Italia (ormai nella mani del fascismo di Mussolini, che mirava a diventare - da occhiuto ateo - "l'uomo della Provvidenza"), per effetto dei quali si è ripristinato il potere temporale della Chiesa cattolica, con la nascita dello Stato della Città del Vaticano, nazione di circa 800 cittadini che costa alla Repubblica Italiana una cifra stimata almeno 6 miliardi di euro (sic! - all'incirca il PIL della Mauritania, paese con 3 milioni di abitanti!). Ma, a parte lo spropositato ingombro economico, tutti i laici italiani sanno quali ancora più onerosi problemi politici e morali siano collegati alla presenza di questo stravagante staterello extracomunitario... 



Lì per lì la notizia non mi è parsa tanto sconvolgente e inverosimile, perché, suggestionato da un mio intervento su Facebook di qualche tempo fa (a proposito del riferimento, discutibilmente inserito nel dettato costituzionale, ai Patti Lateranensi e ai rapporti con la "sovrana" Chiesa cattolica) ho pensato che l'intervento della Corte riguardasse soltanto l'inopportunità di tale riferimento. Per chiarezza, riporto integralmente quel mio polemico intervento (tratto da una discussione provocata da una delle solite intrusioni del presidente della CEI nelle questioni italiane):

Secondo il mio modo di vedere, da umile cittadino non giurisperito, un punto molto discutibile della nostra Costituzione (ammirata peraltro come una delle migliori del mondo per diritto e stile) è l'art. 7, uno dei Principi fondamentali, che afferma: "Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale." A parte il madornale errore formale - dato che la Chiesa cattolica non è un soggetto sovrano, ma una confessione religiosa, mentre sovrano è se mai lo Stato della Città del Vaticano - non si capisce come i rapporti con una nazione straniera, squisitamente politici, possano rientrare nei principi fondamentali della Costituzione: difatti nessuna altra nazione vi è nominata. Cosa vuol dire? Anche Italia e Stati Uniti sono indipendenti e sovrani, e i loro rapporti sono regolati da patti... ma questo che valenza costituzionale può avere? Si potrebbe obiettare che, trattandosi di uno stato completamente all'interno del territorio italiano, meriti un accenno particolare; ma esiste un altro stato sovrano circondato dall'Italia, la Repubblica sanmarinese (che pure ha un numero di abitanti quaranta volte superiore a quello del Vaticano), ignorato però dal dettato costituzionale. Ma il pasticcio non finisce qui, continua nell'articolo successivo, altro principio fondamentale: art. 8. "Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze." Questo articolo, in tre periodi, sarebbe ineccepibile senza il periodo centrale (e ovviamente senza tutto l'articolo precedente), che fa una distinzione assurda ("le confessioni religiose diverse dalla cattolica": diverse???!!! e che sono: le figlie della serva???), perché in contrasto con la prima proposizione e con la prima proposizione dell'art. 3, che sanciscono invece l'assoluta uguaglianza delle confessioni religiose di fronte alla legge. Insomma qui nostri Padri costituenti sono caduti in una sesquipedale contraddizione, dicendo che in questo paese tutte le confessioni religiose sono uguali, ma ce n'è una più uguale delle altre, tanto più uguale che gode addirittura di sovranità. Mah...

Ho cliccato sul link, e l'articolo è apparso, firmato da Carlo Cosmelli, redattore di squisita formazione scientifica, ma brillante e versatile. Ho scorso l'articolo velocemente, ansioso di appurarne l'attendibilità (in quel momento non ricordavo che era il primo di aprile). Una perplessità dietro l'altra, a cominciare dalla prima parola "ieri" (secondo la quale la Corte avrebbe dato sentenziato di sabato... - ho pure immaginato che gli eccellentissimi Giudici lo avessero fatto apposta, per avere due giorni di requie, prima della inimmaginabile tempesta politica e diplomatica...)... E per soprammercato la decisione era all'unanimità! Continuavo a dirmi "non è possibile, non ci posso credere, non è vero!"... Eppure proprio la disistima che ho per le istituzioni italiane mi ha alimentato la speranza: mi frullava come il magico sospetto di un formidabile atto di rottura ...



Chi si è dovuto abituare al fatto che non c'è limite al peggio, e ormai si aspetta l'attuazione dei provvedimenti più malsani, volutamente ingiusti e impopolari, progressivamente regressivi, inconcepibili solo qualche mese prima, non rinuncia all'illusione che possa accadere finalmente, anche solo per sbaglio, o per la forza della disperazione, qualcosa di straordinariamente positivo, di autenticamente innovativo... Ed ecco l'idea che i supremi Custodi dello Stato fossero finalmente intervenuti per salvare la nazione con una sorta di terapia d'urto, estirpando alla radice una delle cause dell'ignavia etico-politica del popolo italiano - un popolo sempre più indegno del suo passato di faro di cultura e civiltà... "Meglio tardi che mai... - mi dicevo - peccato ci sia voluto più di mezzo secolo per riconoscerlo!" Sì - lo confesso - per circa un minuto, forse anche due, ci sono cascato, ci ho creduto, ci ho voluto credere! Ho immaginato un improvviso e intrepido atto di forza (finalmente legittimo!) della Corte Costituzionale a difesa della nazione. E ripensavo ad alcune parole dell'Eneide di Virgilio - "nunc animis opus... nunc pectore firmo..." (VI, 261) - le parole ardenti, vibranti, risolute, con cui la Sibilla sprona Enea, che si appresta ad entrare nel regno degli Inferi, ad avere coraggio e fermezza... - CORAGGIO! FERMEZZA! Parole che usai per introdurre una lettera, che io, un semplice cittadino, volli scrivere proprio alla Corte Costituzionale circa tre anni fa, in una data molto particolare (11 febbraio 2009), non a caso anniversario dei Patti Lateranensi. Riporto anche questa lettera ingenua:

Alle Loro Eccellenze 
il Presidente e i Giudici della Corte Costituzionale
Piazza del Quirinale 41
00187 Roma

Milano, 11 febbraio 2009

Come cadesti o quando
da tanta altezza in così basso loco?
(Giacomo Leopardi, Canzone all'Italia, vv. 34-35)

Nunc animis opus... nunc pectore firmo.
(Virgilio, Eneide, VI 261)

Eccellentissimi Giudici Costituzionali,

sono un cittadino italiano nato nel 1952, dunque poco più giovane della Costituzione della Repubblica, e poco più vecchio della Corte che ne interpreta e tutela lo spirito e il dettato.
Ricordo che ancora bambino, alla scuola elementare, io conoscevo bene il nome del Presidente della Corte Costituzionale (che, se non erro, è per rango la quarta carica dello Stato), e non perché la mia famiglia avesse alte relazioni, ma semplicemente perché lo sentivo nominare spessissimo, alla radio o alla televisione. Me lo ricordo ancora: era il Prof. Gaspare Ambrosini. Vero è che il Prof. Ambrosini ricoprì per lungo tempo l'alta carica; ma forse l'adolescenza stessa del supremo custode della democrazia - la Corte che l'anno scorso ha compiuto 60 anni (tra parentesi: perché solo due donne ne hanno fatto parte, contro novantacinque uomini?) - implicava una maggiore esuberanza. 
Dopo Ambrosini fu Presidente il Prof. Aldo Sandulli, che conoscevo pure meglio, benché sempre indirettamente, perché durante la guerra era stato compagno di prigionia di mio padre in Russia. 
Poi i Presidenti della Corte Costituzionale incominciarono a sparire dalle notizie. 
L'anno scorso ne ho incontrato uno, già emerito, il Prof. Valerio Onida (della cui elezione a suo tempo avevo letto per caso in un trafiletto), ad una serata in suo onore presso il Liceo classico “Carducci” di Milano, dove sia lui che io abbiamo studiato. 
Qualche mese fa, a una cena tra amici, alcuni dei quali ben informati politicamente, per polemica nei confronti di un'altra “corte”, sin troppo invadente invece nelle questioni italiane, ho chiesto chi sapesse il nome del Presidente della Corte Costituzionale (era ancora il Dott. Franco Bile). Nessuno lo sapeva (tranne me, che l'avevo cercato su internet), e nessuno lo aveva mai sentito. Invece (e direi purtroppo) tutti sapevano benissimo il nome del presidente di quell'altra specie di corte cui accennavo sopra: mi riferisco alla CEI, la Conferenza Episcopale Italiana, dei cui bui interventi io farei volentierissimo a meno (soprattutto dopo avere ascoltato quelli relativi alla penosa ed eroica vicenda della Famiglia Englaro), ma che sono i primi riportati dai quotidiani (si definisce italiana, ma è totalmente soggetta a una piccola monarchia assoluta, teocratica, extracomunitaria: la Città del Vaticano – un'enclave nella Repubblica Italiana, di irrisorio ingombro spaziale, ma di esorbitante ingombro finanziario, politico e morale). 
Mi permetto pertanto di rammentare alle Loro Eccellenze un consiglio che Dante diede circa sette secoli fa al Consiglio dei Cento, e che forse oggi ripeterebbe anche più energicamente: “de servitio faciendo Domino Papae nihil fiat” [quanto al doversi mettere al servizio del Signor Papa, non se ne faccia nulla - n. d. r.].
Anche perché la situazione del paese è gravemente critica, e richiede alle istituzioni più sane e autorevoli molto animo e molta fermezza: c'è un orribile degrado e progressivo, e bisogna risanare e rieducare la nazione. E credo si debba innanzitutto mettere in riga la classe politica, e quelle conventicole che hanno tanta influenza sul carattere italiano, cioè i principali responsabili di questo decadente e indecente risultato. Il Presidente della Repubblica è uno, ed è solo; ma la Corte Costituzionale è un organismo, e potrebbe diventare una risorsa sorprendente per il recupero del paese, magari uscendo allo scoperto, fuori del Palazzo della Consulta…
Ho letto poco fa (nell'edizione on-line del Messaggero) un trafiletto che attenua leggermente le mie perplessità: riferiva un'amara considerazione del Presidente Flick (“Ieri sera si è consumato qualcosa di molto critico, che dovrebbe far pensare tutti noi [la morte di Eluana Englaro - n.d.r]. Eppure è continuato ad andare in onda il Grande Fratello”). Spero che questo sia l'inizio di un crescendo rossiniano. 
Chiedo scusa per avere osato – io umilissimo cittadino – dare suggerimenti alle persone istituzionalmente più sapienti dello Stato. Ma, come recita un inconfutabile adagio, “Il Papa e un contadin san più che il Papa solo”...

Ringrazio per l'attenzione e saluto rispettosamente

Stefano Molinari

Ma poi ho dato un occhio ai commenti alla notizia (ancora fresca): accanto a quelli euforici (i boccaloni come me), qualcuno faceva notare che era il primo aprile... 

E' un pesce d'aprile. E pure crudele, se posso permettermi di dirlo.

Pesce d'aprile, purtroppo...

E subito ho capito. Che tragico risveglio da un sogno tanto bello! Per un attimo ho provato un forte risentimento per gli autori del pesce (pur ammirando la trovata!). Tanto che ho postato questo commento (che poi ha riscosso molti apprezzamenti): 

Se - come è ovvio - è un pesce d'aprile, mi cancello dal gruppo, perché per un attimo ci ho creduto e ho pensato di vivere in un paese civile, e ritornare alla tragica realtà è davvero orribile. Non si possono fare certi scherzi!

C'erano altri commenti inviperiti, di scioccati dalla doccia fredda della data:

andate a cagare e ci avevo pure creduto....

VI ODIO [... - censura d.r.], stavo già saltando di gioia prima di rendermi conto della data...

Che sadici!! Ho dovuto leggere gongolante fino al passaggio sulla nullità dei matrimoni religiosi per riuscire ad associare l'articolo alla data della sua uscita. :'(

Se non ricordo male, nei lontanissimi bei tempi dell'infanzia, alla vittima di un pesce d'aprile si cantilenava: "Pesce d'aprile, asino civile!". In questo caso, i buontemponi autori dello scherzo avrebbero dovuto canzonare noi altri creduloni con "pesce d'aprile, asino costituzionale!"... Ma non fa rima... E poi non definirei "asino costituzionale" chi per un attimo ha voluto credere in una decisione sacrosantamente laica e salutare...






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